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Renzi e il disvelamento
Nonostante il senatore di Scandicci sia noto al grande pubblico da almeno dieci anni, continuo a leggere dichiarazioni, commenti e analisi stupite per il suo modus operandi. Eppure, Matteo Renzi usa lo stesso metodo; oggi ha il 5 per cento ma si muove come se avesse il 30. Una tecnica sperimentata già quando era giovanissimo segretario del Ppi e della Margherita a Firenze nei confronti dei Ds, quando i rapporti di forza erano nettamente sbilanciati a favore dei secondi. Renzi ha sempre usato una posizione di minoranza come grimaldello per passare alla fase successiva, finché a un certo punto è diventato maggioranza. Quantomeno nel Pd, di cui è stato segretario due volte (e grazie al quale è diventato presidente del Consiglio; per questo la retorica dell’ospite scomodo non torna molto per uno che ha conquistato tutto quello che c’era da conquistare).
Ora le cose sono cambiate, Renzi ha fondato un nuovo partito e deve ripartire daccapo. Da leader sconfitto, peraltro, non esattamente un dettaglio. Ha dunque bisogno, più di altri, di stare costantemente dentro il dibattito pubblico, sui giornali, in tv. È in piena fase di marketing politico. Deve fare raccolta dati su Internet (da qui le petizioni, i sondaggi sul simbolo; tutta roba che serve solo a raccogliere informazioni sull’elettorato, soprattutto quello potenziale), critica il governo di cui fa parte come se non fosse della maggioranza (citofonare Ilva), con la classica intervista o dichiarazione del giorno dopo (era un maestro, ai tempi del “vicedisastro”), lancia o fa lanciare proposte discutibili di cui poi, appunto, si discute (la carta d’identità per iscriversi ai social). L’importante è la quantità, come dimostra l’ossessione per i numeri (“50 parlamentari e cento sindaci entro la fine dell’anno”) e quell’attenzione a centellinare le adesioni in pubblico sui giornali, dando l’idea di una specie di fiume carsico che scava nel centrosinistra.
In realtà, chi non è uscito subito dopo la scissione ma ha atteso aveva già deciso di farlo. Uscire un po’ alla volta fa parte del marketing politico di cui sopra: si dà l’idea che il nuovo progetto sia così convincente da attirare ogni settimana persone nuove. La politica - tutta la politica - si fonda sull’apparenza, è una regola del gioco. Ma c’è anche un’altra regola: arriva sempre il momento del disvelamento.