Dibba s'incazza perché c'è gente che gli chiede «chi ti paga?»
www.davidallegranti.it
Alessandro Di Battista, neo-collega del Fatto Quotidiano, già parlamentare agit-prop del M5s, si è piuttosto indispettito. Dice che la gente è troppo interessata a come fa e spende i suoi soldi adesso che è volato in America, dice anche che questi sono fatti suoi. Insomma la nemesi del «Chi ti paga?»: anni e anni passati a inseguire politici con il microfono fuori dal Parlamento e con la tastiera su Twitter si ritorcono contro uno dei principali volti del tribalismo gentista. Mercoledì 13 giugno si è collegato in diretta Facebook per ricordarci ancora una volta che dal 29 maggio è in missione per conto di dio Travaglio, per cui sta scrivendo un primo reportage, e per difendersi dalle accuse di essere a zonzo a fare la bella vita con i soldi di Berlusconi per interposta casa editrice. Dibba, che ha improvvisamente riscoperto le virtù del privato, dice che non è «minimamente tenuto a dare certe informazioni». «Il modo in cui io campo - e campo con la mia famiglia - lo dico in maniera molto istituzionale, non essendo io più un pubblico ufficiale, sono cazzi miei. Non so se sia chiaro. Sono cazzi miei e soltanto miei il modo in cui mi guadagno da vivere».
Dibba s'incazza perché c'è gente che gli chiede «chi ti paga?»
Dibba s'incazza perché c'è gente che gli…
Dibba s'incazza perché c'è gente che gli chiede «chi ti paga?»
Alessandro Di Battista, neo-collega del Fatto Quotidiano, già parlamentare agit-prop del M5s, si è piuttosto indispettito. Dice che la gente è troppo interessata a come fa e spende i suoi soldi adesso che è volato in America, dice anche che questi sono fatti suoi. Insomma la nemesi del «Chi ti paga?»: anni e anni passati a inseguire politici con il microfono fuori dal Parlamento e con la tastiera su Twitter si ritorcono contro uno dei principali volti del tribalismo gentista. Mercoledì 13 giugno si è collegato in diretta Facebook per ricordarci ancora una volta che dal 29 maggio è in missione per conto di dio Travaglio, per cui sta scrivendo un primo reportage, e per difendersi dalle accuse di essere a zonzo a fare la bella vita con i soldi di Berlusconi per interposta casa editrice. Dibba, che ha improvvisamente riscoperto le virtù del privato, dice che non è «minimamente tenuto a dare certe informazioni». «Il modo in cui io campo - e campo con la mia famiglia - lo dico in maniera molto istituzionale, non essendo io più un pubblico ufficiale, sono cazzi miei. Non so se sia chiaro. Sono cazzi miei e soltanto miei il modo in cui mi guadagno da vivere».