Vorrei, ma non posso. Dovrei, ma non voglio
L'avversario alle elezioni regionali si può attaccare ma senza esagerare. Perché magari è tuo alleato (a Roma, al governo o all'opposizione). Cortocircuiti in giro per l'Italia
È tutto un “vorrei ma non posso”, “dovrei ma non voglio” questa campagna elettorale per le elezioni regionali.
In Puglia, Alessandro Di Battista va a chiudere la campagna della candidata del M5s, Antonella Laricchia, ma il presunto capo politico del M5s, Vito Crimi, è costretto a precisare – su SkyTg24 – che sì, “nessuno di noi ha risparmiato attacchi a Emiliano”, ma “non sono attacchi al Pd in quanto partner di governo”. Si pone dunque il problema di colpirne uno, Michele Emiliano, senza educarne cento, vale a dire il Pd alleato a Roma. Ma nemmeno Matteo Renzi, in Puglia, può esagerare troppo: il suo candidato Ivan Scalfarotto deve fare un buon risultato – per evitare di perdere la faccia – ma non abbastanza da causare la sconfitta del solito Emiliano a vantaggio di Raffaele Fitto, candidato del centrodestra.
In Veneto, Luca Zaia deve sì vincere (non avrà problemi a farlo per la terza volta di seguito) ma non trionfare, perché altrimenti per Salvini sono guai. Non che sia un cruccio del presidente del Veneto, tant’è che lui la sua lista Zaia, potentissima invero, l’ha fatta, come già la fece nel 2015, mentre il preoccupato segretario leghista invita a votare per la Lega e non per la creatura del suo miglior presidente di Regione.
È insomma tutta così, questa campagna elettorale: desideri castrati dalle alleanze di governo, che a Roma funzionano ma sui territori no, e dalle debolezze dei leader che non possono permettersi figuracce in giro per l’Italia (per dire, Renzi non può permettersela in Toscana, dove Italia viva difficilmente raggiungerà il 10 per cento auspicato dai renziani fino a pochi mesi fa) senza però esagerare.
In Liguria, dove il centrodestra è in vantaggio, la sfida è tutta interna alla coalizione di Toti, fra la sua lista, Cambiamo, e il polo moderato lanciato da Claudio Scajola. Anche qui, forzisti ed ex forzisti pur di raccattare voti devono prendere le distanze dal “sovranista” Toti, ma sempre senza esagerare, perché è pur sempre lui il presidente uscente nonché ricandidato, e c’è da respingere l’assalto di Ferruccio Sansa, il prescelto di Pd e M5s.
Pensate poi alle Marche, dove il M5s – un tempo trionfante e trionfale – non ha fatto l’accordo con il Pd: qui il centrosinistra rischia di perdere la regione che attualmente governa. Come fa dunque il M5s ad attaccare l’amministrazione uscente con convinzione senza rischiare di regalare la vittoria al candidato di Fratelli d’Italia, Francesco Acquaroli? In Campania, non ne parliamo: Stefano Caldoro, candidato del centrodestra, non è amato dalla Lega, che avrebbe voluto un altro candidato. E persino dentro Forza Italia, che peraltro è il partito di Caldoro, c’è chi avrebbe preferito altre candidature (citofonare Mara Carfagna). Ma anche in questo caso, non si può dire, non si può esagerare. Altrimenti Vincenzo De Luca, con le sue 15 liste, vincerà ancora più agilmente.