È possibile prendere sul serio Elon Musk e il suo America Party? La stragrande maggioranza degli opinionisti e degli analisti che si occupano di Stati Uniti è pronta a scommettere che l’ultima trovata di Musk - un terzo partito contro Democratici e Repubblicani - sia soltanto una boutade nata per vendicarsi di Donald Trump. La lite fra il presidente degli Stati Uniti e il padrone di Tesla (e Starlink e X) è già passata alla storia. La risposta di Musk non si è fatta attendere, previo solito sondaggio su X.
Il popolo ha parlato, e così Musk ha agito di conseguenza.
Storicamente, gli Stati Uniti non hanno un buon rapporto con i partiti indipendenti, insomma con tutti quei movimenti o organizzazioni che abbandonano la sacra via dei due partiti tradizionali. Come osserva Nate Silver, negli Stati Uniti “i cambiamenti avvengono, ma generalmente all’interno del sistema bipartitico. L’ascesa al potere di Trump è stata in qualche modo una presa del potere ostile del Partito Repubblicano”. Forse a suo tempo anche l’ascesa al potere di Barack Obama poteva essere considerata rivoluzionaria, ma sempre all’interno dell’alveo dei Democratici.
Dice Steve Bannon, già stratega di Trump durante il suo primo mandato, in un’intervista al Financial Times, che “il populismo è il futuro della politica”. L’idea che mi sono fatto da tempo - e che sto cercando di indagare - è che un politico non populista e un politico populista utilizzino gli stessi stilemi linguistici e comunicativi, quindi chissà che cosa ci aspetta in futuro.
Musk potrebbe sfruttare l’adagio di Bannon - i due peraltro si odiano, ma questa è un’altra storia - per elaborare una piattaforma populista?
Il problema è decidere che cos’è “populista” oggi negli Stati Uniti. La nuova legge di cui si sta discutendo molto, One Big Beautiful Bill (OBBB per gli amici), che è stata tra gli elementi di scontro fra Musk e l’amministrazione attuale, è impopolare negli Stati Uniti.
In un sondaggio condotto da Fox News a metà giugno, il 59 per cento degli elettori registrati si è detto contrario al disegno di legge, mentre il 38 per cento si è detto favorevole e un altro 3 per cento ha dichiarato di non sapere. In un sondaggio della Quinnipiac University alla fine di giugno, il 55 per cento degli elettori registrati si è detto contrario al disegno di legge e il 29 per cento favorevole, mentre un altro 16 per cento non ha espresso un parere. In un sondaggio del Pew Research Center all’inizio di giugno, il 49 per cento degli adulti si è detto contrario e il 29 per cento favorevole, mentre il 21 per cento era indeciso.
Secondo le stime dell’ufficio di bilancio del Congresso One Big Beautiful Bill comporterebbe un aumento del disavanzo pari a 2,8 trilioni di dollari nel periodo 2025-2034. Questo è uno dei motivi per cui Musk, chiamato come consulente del governo americano per tagliare le spese, ha iniziato ad attaccare OBBB.
Difficilmente però una proposta a firma Musk che proponga di tagliare qualsiasi cosa, anche a scapito di servizi essenziali, sarebbe più popolare della “bella e grossa legge” che è stata appena licenziata da Trump.
Certo, suggerisce Nate Silver, che vuole prendere sul serio l’idea di Musk, ci sono molti punti su cui il padrone di Tesla potrebbe puntare. La politica non sa niente dell’Intelligenza Artificiale, e un tecnologo come Musk potrebbe avere un vantaggio competitivo, magari insieme a un gruppo di giovani (ingegneri, informatici ecc ecc) sufficientemente attrezzati per immaginare un futuro politico in cui ChatGPT e soci siano al centro dello sviluppo tecnologico e sociale. Le rivoluzioni tecnologiche possono catalizzare le rivoluzioni culturali (si pensi all’impatto politico della Rivoluzione Industriale).
C’è poi la questione della denatalità, altro tema a cui Musk tiene molto (fa tanti figli perché altri non ne fanno, dice il padrone di Tesla).
Tecnologia e fertilità potrebbero essere punti di un programma politico serio? Perché no.
Certo, la Storia non è dalla parte di Musk.
Nel 1994, al culmine dell’epoca di Ross Perot (che si candidò da indipendente alle elezioni presidenziali del 1992, ottenendo quasi il 19 per cento), il 71 per cento degli statunitensi si identificò come Democratico o Repubblicano. Nel 2023 la percentuale è scesa al 65 per cento.
I giovani sono un’eccezione: secondo una ricerca del Pew Research, il 48 per cento degli uomini e il 42 per cento delle donne fra i 18 e i 29 anni si identificano come indipendente o comunque qualcos’altro. Chissà se crescendo cambieranno idea.
L’anno prossimo ci saranno le lezioni di metà mandato negli Stati Uniti ed è lì che Musk potrebbe avere qualche chance, presentando candidati in grado quantomeno di far perdere i candidati del GOP, verosimilmente appoggiati da Trump. Silver ricorda che nel 2024 quattro seggi al Senato e undici della Camera dei Rappresentanti sono stati decisi con un margine di due punti percentuali o meno. Avere un partito al 2 per cento o poco più sarebbe uno smacco per Musk, ma potrebbe essere sufficiente a infastidire non poco l’attuale presidente degli Stati Uniti.
Ma è questo l’obiettivo di Musk? Rompere le scatole a Trump e basta? Per uno che vuole fare la rivoluzione forse è un po’ poco. C’è da dire però - e lo ricorda sempre Silver - che l’ultimo senatore eletto come esponente di un terzo partito, il Conservative Party, risale al 1970, quando James L. Buckley, scomparso nel 2023 all’età di cento anni, vinse le elezioni nello Stato di New York.
La politica non si improvvisa, la rivoluzione nemmeno. Musk ha miliardi su miliardi a disposizione per fare qualsiasi cosa. Ma l’intuito politico e la concentrazione su un obiettivo politico, che magari ha bisogno di molto tempo a disposizione, non si possono comprare.
Musk ha queste qualità?
Ma secondo te ha il tempo di farlo? Molti dei suoi business sono condizionati da finanziamenti o contratti pubblici