Perché servono medici specialisti
L'imbuto formativo è un problema strutturale da risolvere, alla svelta
Per tutto il lockdown ho spiegato in vari articoli l’importanza di avere medici specialisti e il problema strutturale dell’imbuto formativo.
Quello che sta succedendo con il concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione – è saltata la pubblicazione della graduatoria per i troppi ricorsi, dunque migliaia di medici non possono entrare nelle scuole che formano psichiatri, cardiologi, ortopedici – è una farsa e rende ridicola qualsiasi autogratificazione del governo sul “modello Italia”.
Chiunque decida di intraprendere lo studio di Medicina sa che avrà di fronte a sé un percorso lungo anni, che coinvolge inevitabilmente sia i futuri medici sia le loro famiglie per dispendio di energie e di risorse.
Questo non giustifica l’aggravarsi dell’imbuto formativo dei giovani medici, che pare essere destinato a non risolversi, nonostante la molta retorica sugli “angeli” nei reparti che ha accompagnato per mesi l’emergenza sanitaria.
Riavvolgiamo il nastro.
Per diventare medici, finora, il percorso era il seguente: laurea in Medicina e chirurgia (sei anni), test di abilitazione, concorso per accedere ai contratti di formazione per medici specializzandi (durata variabile a seconda della specializzazione).
Il governo durante il lockdown ha eliminato il test di abilitazione, considerato da qualsiasi medico una mera formalità in confronto ad altre prove (come il concorso per la specializzazione, quello sì complesso), ma il vero problema sono le risorse per gli specializzandi: già prima c’erano 8 mila medici non specializzati che non riuscivano ad accedere al percorso dopo la laurea, senza il quale non c’è possibilità di essere assunti in un ospedale o comunque di poter esercitare a pieno regime la professione medica.
È qui che c’è l’inghippo. È qui che nasce l’imbuto formativo.
La soluzione, come ripetono da anni varie associazioni di medici, è aumentare i contratti di formazione specialistica (non gli ingressi a Medicina).
Inauguro una rubrica di consigli non richiesti. Un libro, una matita, un film, un quaderno, un videogioco, un articolo.
Si comincia con le matite o, per meglio dire, con i lapis. Chi mi conosce e mi legge, sa della mia passione per le Blackwing Palomino, rese celebri da premi Pulitzer e Nobel (tra questi anche John Steinbeck). Se volete leggere la loro storia – che è anche una storia di rinascita, come Moleskine – la potete trovare sul loro sito.
Ci sono varie edizioni standard delle Blackwing (morbide per chi deve disegnare, più dure per chi deve scrivere, ma tra le mie preferite in realtà c’è quella più morbida di tutte e io non sono certo un disegnatore; la uso per sottolineare libri e prendere appunti).
Poi ci sono le edizioni speciali, che però sono a esaurimento, come quella dedicata alla giornalista d’inchiesta Nellie Bly. Se volete fare (o farvi) un regalo, sono perfette. In Italia sono vendute dalla tipografia e cartoleria Fratelli Bonvini, in via Tagliamento a Milano, che è anche un posto strepitoso da vedere. Se non potete andarci di persona, hanno un sito per gli acquisti.