Pd, la minoranza si divide. I leader mollano Bonaccini
Il presidente del Pd si difende e passa al contrattacco: "C'è un riformismo di popolo e un riformismo di Palazzo". Ecco chi è pronto a dare vita a una nuova opposizione
Si sarebbero dovuti incontrare in presenza, i bonacciniani, come era stato stabilito nelle precedenti riunioni, ma alla fine si sono ritrovati online stamattina, dalle 10:30 fino alle 14. Una settantina fra membri della direzione nazionale e riferimenti territoriali, tutti in quota Energia Popolare o quel che ne rimane. Qualcuno, a proposito, ne ha già approfittato per dare l’addio, oggi. Come Sandra Zampa, prodiana storica. Altri fanno intuire che qualcosa di nuovo sta per nascere, nelle prossime settimane, dopo la non brillantissima performance di Stefano Bonaccini come capo dell’opposizione interna.
Le accuse nei confronti del presidente del Pd sono note e vanno avanti da tempo. Bonaccini non avrebbe saputo organizzare una vera opposizione alla segretaria nazionale Elly Schlein, schiacciandosi sulla linea dell’unità “a prescindere” per dirla con Totò. Adesso ne è convinto anche l’ex alleato di Bonaccini, Lorenzo Guerini, già ministro della Difesa e già capo di Base Riformista. Oggi, per testimoniare la propria insoddisfazione nei confronti di una riunione poco strategica a pochissimi giorni da una Direzione nazionale per nulla strategica (convocata martedì a tre giorni dal voto nelle Marche), non si è presentato. Così come non si è presentato Graziano Delrio.
C’è poca simpatia, diciamo, anche per la prossima direzione nazionale, quella che qualcuno dei presenti (Roberto Montanari, ex segretario dei Ds in Emilia Romagna, vicino a Piero Fassino) ha definito una “direzione elettorale”, inevitabilmente priva di dibattito; tant’è che nella convocazione all’ordine del giorno c’è scritto soltanto “relazione della segretaria”. Punto.
Assenti alla riunione di Energia Popolare anche Giorgio Gori, Marianna Madia, Lia Quartapelle, Pina Picierno, Filippo Sensi. Tra i più critici nei confronti di Schlein ma anche di Bonaccini. Convinti che al Pd serva qualcosa di diverso. È intervenuta invece Simona Malpezzi ed è stata molto critica. Critico anche Piero De Luca, seppur con toni più morbidi.
“Il Pd quando aveva guide riformiste ha preso una volta il 18 per cento, il 19 l’altra”
(Stefano Bonaccini)
L’ex presidente della Regione Emilia-Romagna, oggi europarlamentare, messo alle strette, ha contrattaccato nelle sue conclusioni, con toni molto puntuti. Ha parlato di un “riformismo di popolo e di un riformismo di Palazzo”, evidentemente volendo rappresentare il primo e non il secondo. Ha spiegato che alla gente interessano altre questioni (dalle pensioni alla guerra), non le vicende “politiciste” di cui si sta occupando ora la minoranza riformista. In più, ha specificato, non si può aprire un dibattito politico “prima delle elezioni nelle Marche”. Ed è il motivo per cui la direzione è stata convocata prima del voto e non dopo. Perché così “er dibbbattto” non ci potrà essere; nessuno si metterebbe ad aprire una discussione a pochi giorni dall’apertura delle urne in una Regione considerata strategica.
Bonaccini si è anche concesso qualche battuta nei confronti dei suoi predecessori, ha detto che il “Pd quando aveva guide riformiste ha preso una volta il 18 per cento, il 19 l’altra”. Matteo Renzi sarà felicissimo, ma anche Enrico Letta.
“Molti di quelli che oggi sono critici erano protagonisti di quella stagione”, ha aggiunto Bonaccini prendendosela pure con chi oggi critica l’alleanza con il M5S: “Hanno fatto il governo giallo-rosso con i Cinque Stelle”.
La traduzione in sostanza delle parole di Bonaccini potrebbe anche essere questa, stando all’interpretazione dei presenti: chi vuole andare se ne vada pure, non sarò io a trattenerlo. Ma c’è da dire che quello che appare come un desiderio di Bonaccini potrebbe anche essere esaudito. Qualcosa si sta mettendo in moto dentro il Pd e non è escluso che nelle prossime settimane, magari nel mese di ottobre, nasca qualcosa di nuovo.
Sia Delrio sia Guerini sembrano essere interessati a far nascere una vera minoranza nel Pd. Non una stampella, per interposto Bonaccini, della segreteria nazionale.