Siamo giustamente presi da altro, c’è appena stato un attentato a Vienna – nel cuore dell’Europa – a ulteriore tragica testimonianza di quanto alla leggera stiamo considerando le minacce che arrivano alla nostra libertà, anche d’espressione. Ci tornerò.
Qui però vorrei parlare dei fatti di casa nostra, dove per parafrasare Mao la confusione è grande sotto il cielo ma la situazione NON è eccellente.
La seconda ondata dell’emergenza sanitaria ci restituisce tutte le manchevolezze del governo nel programmare gli ultimi mesi, quando il virus non poteva essere certo sconfitto ma quantomeno si poteva evitare di spendere soldi a caso, dai banchi a rotelle al bonus mobilità.
A proposito di manchevolezze, ci sono alcuni casi sorprendenti. Come quello del ministro della Salute Roberto Speranza, che a settembre diceva, mentre era in campagna per le elezioni regionali: “Il Paese è forte e sta dimostrando di saper vincere anche questa partita della riapertura delle scuole”. Nel frattempo, mentre il Paese stava autorevolmente vincendo le sue sfide, Speranza scriveva un libro, “Perché guariremo”, per Feltrinelli, la cui messa in vendita era stata programmata per la settimana scorsa.
Il libro è stato ritirato, chissà se e quando uscirà. Non è una grossa perdita direi, visto che non ne sentivamo l’urgenza. Specie nel momento in cui il governo – dopo aver sprecato risorse, compresa quella più preziosa di tutte, il tempo – chiede a tutti noi nuove restrizioni, per quanto necessarie.
Qualcuno si chiede come sia possibile che un ministro della Salute, nel mezzo di una pandemia, trovi il tempo di tenere un diario. Non è questo il problema, i politici hanno staff che possono lavorare anche su questo. Si scrivono diari in tempo di guerra, figurarsi. Quindi, no: il problema del libro di Speranza è che testimonia nel suo piccolo la leggerezza e la vanità di chi governa, anche se non di tutti perché generalizzare non serve. Ma mai come oggi, less is more, come sa un altro ministro dell’esecutivo, il titolare della Difesa Lorenzo Guerini, che ha fatto della sobrietà una sua cifra.
L’ansia di capitalizzare un consenso politico – Speranza, il ministro più popolare dell’esecutivo, forse perché restava in silenzio – è pericolosa non solo per la salute politica dei governanti ma anche per la salute pubblica dei cittadini.
L’epilogo del libro di Speranza sul “Ritorno della sinistra” ne testimonia, appunto, il narcisismo politico:
“Abbiamo visto come la politica sia gestione quotidiana, scelte quotidiane, fatica quotidiana. Ma è anche appassionante storia personale e collettiva e slancio verso il futuro. Per questo credo che un altro dovere che abbiamo verso noi stessi e verso il Paese, un altro modo per non sprecare le dure lezioni di questi mesi e per affrontare al meglio le sfide che ci attendono, sia quello di un colpo d’ala politico di cui da tempo c’è bisogno”, scrive il ministro.
“Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra, basata su un impegno di cui oggi tutti riconoscono la necessità: difendere e rilanciare i beni pubblici fondamentali, a partire dalla tutela della salute, del valore dell’istruzione e dalla difesa dell’ambiente. Abbiamo vissuto l’individualismo sfrenato, abbiamo subito la sua traduzione economica e sociale: un neoliberismo altrettanto sfrenato”.
Insomma, la pandemia è diventata un’occasione per Speranza per l’ennesimo sermone contro il “neoliberismo”, in un paese che ha un debito pubblico di 2.400 miliardi (dati 2019) e che regolarmente butta via un sacco di soldi in Alitalia. Ma quale neoliberismo?