Il Conte di Schrödinger
Il mistero buffo del presidente del Consiglio, che prima ha governato con Salvini e poi con il Pd ma sembra che il Conte 2 non sappia niente del Conte 1
Vi ricordate il governo Conte 1? Benissimo, quello a destra (foto sotto) è Matteo Salvini, ex ministro dell’Interno, autore dei decreti (in)sicurezza. Quello a sinistra è Beppe Conte, presidente del Consiglio del Conte 1 nonché presidente del Consiglio del Conte 2.
Il Conte 1 ha avallato i decreti Salvini, il Conte 2 ha approvato un nuovo decreto (che aspetto di leggere in Gazzetta prima di commentare).
Non è la prima volta che accade. Così come in certi casi la mano destra non sa che cosa fa la sinistra, Beppe Conte 2 non sa che cosa ha fatto Beppe Conte 1: può dire e fare quel che vuole, nessuno gli contesterà mai politicamente nulla.
Conte è un autentico mistero, un mistero buffo. Un tempo sconosciuto professore di diritto privato all’Università di Firenze, è già diventato presidente del Consiglio due volte. Prima con la Lega e i Cinque stelle, su indicazione dei Cinque stelle, poi con il Pd e i Cinque stelle, su insistenza dei Cinque stelle. E, per come siamo messi da queste parti, non è escluso un giorno persino un terzo governo Conte, con il sostegno dei partiti che nel frattempo saranno nati, tra una scissione e l’altra (la prossima, si suppone, fra i Cinque stelle).
Tanto questa è l’epoca del “Si può” di Giorgio Gaber e ognuno può dire quel che gli pare senza che ne resti traccia nella mente dell’elettorato: “Si può siamo liberi come l’aria / Si può / Si può siamo noi che facciam la storia / Si può / Si può io mi vesto come mi pare / Si può sono libero di creare / Si può son padrone del mio destino”.
Un’epoca che è anche un’epica, dove tutto è possibile e tutto vale; vale Dibba consulente di case editrici e Intellettuale disonesto del presunto politicamente scorretto, vale Di Maio ministro degli Esteri, vale persino Beppe Conte apologo vivente del passante e per questo presidente del Consiglio.
Era un passante, noto soprattutto ad Alfonso Bonafede, un altro che mai si sarebbe sognato di diventare ministro della Giustizia, poi è diventato “avvocato del popolo” (per autodefinizione, un incarico che il popolo non gli ha attribuito) e dunque padre della patria (“Come in ogni famiglia c’è un pater familias che deve avere la responsabilità dei conti, io mi sento molto pater familias dello Stato”).
Le aspettative di Conte, insomma, variano a seconda del contesto e del tempo che passa. Il Conte 2 dichiara spesso di non conoscere il Conte 1, quello che governava con Salvini e approvava senza muovere un sopracciglio i decreti voluti dall’ex ministro dell’Interno.
Eppure, vale la pena ricordare – in un paese che ha la memoria storica di tre ore – che cosa disse il presidente del Consiglio il 7 febbraio 2019, quando infuriava il caso Diciotti. Conte condivise le decisioni prese da Salvini che nell’agosto del 2018 bloccò per sette giorni lo sbarco della nave Diciotti con a bordo 177 migranti.
“Sento il dovere di precisare che le determinazioni assunte in quell’occasione dal ministro dell’Interno sono riconducibile a una linea politica sull’immigrazione che ho condiviso nella mia qualità di presidente nel Consiglio con i ministri competenti, in coerenza con il programma di governo”,
scrisse il presidente del Consiglio in un documento allegato alla memoria difensiva presentata da Salvini alla Giunta per l’Immunità del Senato.
“Le azioni poste in essere dal ministro dell’Interno – aggiunse – si pongono in attuazione di un indirizzo politico-internazionale, che il governo da me presieduto, ha sempre coerentemente condiviso fin dal suo insediamento. Di questo indirizzo, così come della politica generale del governo, non posso non ritenermi responsabile, ai sensi dell’articolo 95 della Costituzione”.
Laddove si dimostra che ha ragione Giuseppe Prezzolini nel “Codice della vita italiana”, quando spiega che i “cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi”.
Il furbo, aggiunge Prezzolini, “è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere d’averle”.