I cantori della "complessità"
Anche a me piacerebbe vivere in un posto dal dibattito pubblico apprezzabile, seppur con le giuste sacche di risentimento e l’adeguata scarsa capacità argomentativa collocate in uno spazio definito. Non ho infatti niente contro la faziosità, purché non diventi il centro della pubblica opinione. Anche a me insomma piacerebbe vivere altrove, dove - sia chiaro - pure abbondano i cialtroni, chessò, negli Stati Uniti, con un ipotetico Alex The Battista alle prese con uno show tutto suo su Twitch o su YouTube, con il quale farebbe magari una valanga di soldi lì, a colpi di sottoscrizioni, senza affastellarsi in tv, che è vista da gente con molto tempo a disposizione.
Epperò sono in Italia, dove mio malgrado ad attirare l’attenzione c’è un circo di filo-putiniani in cerca di “complessità”. La cercano dappertutto, la complessità. Mentre i Russi bombardano l’Ucraina, le sue truppe massacrano la cittadinanza inerme. Mentre Vladimir Putin ci minaccia perché cerchiamo di aiutare gli Ucraini. Qui il circo mi pare più rumoroso che altrove, insomma, ma mi devo accontentare. Ognuno ha le Donatella Di Cesare che si merita. Ognuno ha gli Alessandro Orsini che si merita. C’è chi sostiene che occuparsi dei summenzionati professori sia una perdita di tempo che serve soltanto a loro, a rilanciarsi e a rilanciare le proprie ormai stucchevoli tesi. Mi sento perfettamente d’accordo a metà, come disse quel noto intellettuale. Il fatto che me ne occupi io o altri è, tuttavia, assolutamente ininfluente rispetto alla piega che hanno preso gli eventi.
Questi summenzionati professori hanno già conquistato l’empireo. Usano i social come influencer professionisti, vanno nei programmi di prima serata - tutti i giorni - a lamentarsi di quanto sia impossibile per loro riuscire a esprimersi. Ci sarà prima o poi uno che ride in faccia ai censurati di professione, le finte vittime di un sistema che invece dà loro spazi negati, questi per davvero, ad altre persone che se li meriterebbero? Dunque, in che senso occuparsene li avvantaggia? Ormai sono già arrivati dove volevano arrivare: davanti a milioni di persone. Hanno occupato uno spazio pubblico con la loro “complessità”, che poi - guarda caso - si riduce sempre in agibilità politica e intellettuale a fianco di Putin. Ognuno può fare quel che vuole con le proprie trasmissioni, vale per Bianca Berlinguer e Corrado Formigli. Ma quantomeno non venga spacciato per pluralismo dell’informazione o per, appunto, posizione “complessa”. Non c’è niente di complesso nell’evitare di dire, chiaramente, che c’è stata un’invasione, che gli Ucraini fanno bene a difendersi come possono, che facciamo bene a dare loro armi per resistere, che essere a favore della pace non significa chiedere la resa dell’Ucraina. Non c’è niente di complesso, appunto, nel negare agli Ucraini la possibilità di resistere e quindi di esistere, come dimostrano le terribili testimonianze che arrivano da Bucha o da altre città. E non è, attenzione, un rumorino, un ruttino quello che producono i summenzionati professori quando ogni sera ci spiegano perché “fra schifosi” possiamo andare d’accordo. Per questo ognuno deve fare quel che può o sa fare. Alcuni miei colleghi sono partiti per l’Ucraina, da settimane raccontano la guerra. Sono coraggiosi e mi levo il cappello di fronte a quel che fanno.
Gli spazi della pubblica opinione vanno presidiati ovunque, sia fuori che in patria. Molti concordano, d’altronde, con le esternazioni quotidiane di Di Cesare e Orsini, evidentemente convinti che Stati Uniti ed Europa condividano le stesse responsabilità della Russia; che beh, sì, loro hanno attaccato, ma noi li abbiamo provocati, come i maccheroni di Alberto Sordi. Di fronte a qualche frontman non si sa bene quanto involontario del putinismo, noialtri - rimasti qui a occuparci di certe miserie - che cosa possiamo fare se non, quantomeno, rompergli un po’ i coglioni?